Ennio Morricone: Un ritratto by Leonardo Di Nino;

Ennio Morricone: Un ritratto by Leonardo Di Nino;

autore:Leonardo Di Nino; [Nino;, Leonardo Di]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788892770836
editore: edigita
pubblicato: 2021-08-01T22:00:00+00:00


Ma è nella frase successiva che il paragone si fa decisamente più concreto. Un gioco di arpeggi e cromatismi, sullo stesso schema ritmico, collega nel profondo il film di Petri e quello di Umberto Lenzi.

Tema da Milano odia – La polizia non può sparare

Tema da Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto

Come sappiamo non è un modo per Morricone di copiarsi, ma è una via per tornare circolarmente a se stesso per poi espandere costantemente la sua indagine: circolarità e linearità, come ragionavamo con De Rosa. Il cromatismo che si fa radicale prepara infatti il terreno ai momenti più duri della partitura, in cui Morricone riprende a perscrutare la psiche criminale come aveva iniziato a fare con gli animali di Argento, attraverso la potenza della dissonanza. La colonna sonora di Milano odia – La polizia non può sparare è senza dubbio uno dei capolavori di Morricone, e questo non vuole certamente mettere in ombra in lavoro svolto per Carpenter. Ci fornisce però due estremi interessanti del modus operandi di Morricone in relazione a registi e generi. Da un lato approda al minimalismo dei titoli di The Thing adeguandosi alle richieste del regista e facendosene, in un certo senso, assorbire. Con Lenzi invece ha talmente tanto spazio di manovra da poter lasciarsi riassorbire da se stesso, riscoprendo motivi della sua musica e variandoli, e riprendendo così totalmente le redini del proprio discorso compositivo.

Morricone sarebbe tornato negli anni successivi a collaborare con Dario Argento, ricongiungendosi al genere con La sindrome di Stendhal, del 1996. È evidente però l’evoluzione del pensiero musicale di Morricone, in cui forse comincia già a farsi più insistente quel minimalismo che diventerà uno snodo determinante nell’ultima parte della sua carriera. La sindrome di Stendhal è un film capace di esasperare la sexploitation, riconducendola a un gusto dell’orrido che si fa gore estremo: più marcato rispetto alla trilogia degli animali, pieno di sangue e violenza carnale, ma per il quale Morricone abbandona la ferocia sonora delle acide dissonanze. Torna nei ranghi di una via media tra quegli estremi che definiscono l’ambito della sua doppia estetica. Un unico brano costituito da due elementi fondamentali, un inciso discendente sulla scala minore armonica di La, e un simmetrico inciso ascendente. Un materiale tematico davvero ridotto ai minimi termini strumentato a partire dalla voce e sviluppato per un organico sempre più diversificato, ma sempre identico a se stesso. Assume quasi un senso drammaturgico la ripetizione ossessiva di questa frase musicale lungo tutto il film, come uno specchio delle ossessioni e delle follie della protagonista. Ed è così singolare e magnifico come Morricone nell’esordio di Argento sia arrivato al confine dell’incomunicabilità, per poi invece approdare a un romanticismo ricco di melòs e lirismo nella loro ultima collaborazione. Il fantasma dell’opera, del 1998, è la reinterpretazione del romanzo di Gaston Leroux, opera che dai fasti del musical di Broadway è arrivata a marchiare a fuoco l’immaginario collettivo attraverso una grande quantità di trasposizioni cinematografiche. La versione di Argento è in effetti una



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